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brano
 
Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), VI, 3
 
originale
 
3. Suscipit Ceres: "Tuis quidem lacrimosis precibus et commoveor et opitulari cupio, sed cognatae meae, cum qua etiam foedus antiquum amicitiae colo, bonae praeterea feminae, malam gratiam subire nequeo. Decede itaque istis aedibus protinus et quod a me retenta custoditaque non fueris optimi consule." Contra spem suam repulsa Psyche et afflicta duplici maestitia iter retrorsum porrigens inter subsitae convallis sublucidum lucum prospicit fanum sollerti fabrica structum, nec ullam vel dubiam spei melioris viam volens omittere sed adire cuiscumque dei veniam sacratis foribus proximat. Videt dona pretiosa et lacinias auro litteratas ramis arborum postibusque suffixas, quae cum gratia facti nomen deae cui fuerant dicata testabantur. Tunc genu nixa et manibus aram tepentem amplexa detersis ante lacrimis sic adprecatur:
 
traduzione
 
?'Mi commuovono le tue lacrime e le tue preghiere' le rispose Cerere 'e vorrei proprio aiutarti. Ma Venere ? una mia parente, ottima donna peraltro, con la quale sono sempre stata in buoni rapporti; non me la sento, perci?, di farle un torto. Esci dunque, e in fretta, da questo mio tempio e consideralo gi? un favore se non ti faccio mia prigioniera.' ?Cos?, contro ogni sua speranza, Psiche si vide respinta e, delusa, sent? raddoppiare dentro l'angoscia. Torn? allora sui suoi passi e vide nel mezzo di un boschetto che verdeggiava nella valle sottostante un tempio costruito con bell'arte. Non volendo tralasciare nessuna possibilit?, bench? minima, di miglior fortuna, ma anzi invocare il favore di quel dio, qualunque fosse, ella si avvicin? alla sacra porta e vide magnifici doni votivi e festoni ricamati a lettere d'oro appesi ai rami degli alberi e agli stipiti delle porte che testimoniavano le grazie ricevute e dichiaravano il nome della dea cui erano dedicati. ?Psiche cadde allora in ginocchio e asciugandosi gli occhi e abbracciando l'altare ancora tepido, cos? preg?:
 

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